Il Ponte Carlo
![Immagine](/uploads/7/7/9/2/77929354/586470595.jpg?934)
Il ponte Carlo è uno storico ponte in pietra sulla Moldava, situato nella città di Praga, e collega la Città Vecchia al quartiere di Malá Strana: famoso monumento della capitale della Repubblica Ceca.
Misura 515 metri di lunghezza e 10 metri di larghezza.
Il ponte è una delle più grandi attrazioni turistiche della città, ed è molto frequentato dagli artisti di strada, dai musicisti e dai venditori di "souvenir" durante tutto l'anno.
La sua costruzione, iniziata nel 1357, fu commissionata da Carlo IV, allora Re di Boemia e Imperatore del Sacro Romano Impero, all'architetto Petr Parléř, famoso anche per aver costruito la Cattedrale di San Vito ed il Castello di Praga. Fu terminato nel 1402.
Venne edificato per sostituire il Ponte di Giuditta, spazzato via da una piena della Moldava.
Secondo una leggenda, si dice che all'atto di costruire il ponte, all'impasto della malta vennero aggiunti dei tuorli d'uovo, al fine di renderne più solida la struttura: Carlo IV chiese a tutti i villaggi del regno di contribuire alla costruzione, inviando un carro d'uova.
Le due estremità del ponte furono fortificate attraverso la costruzione di due torri, e la protezione del ponte fu affidata all'ordine dei Crocigeri della Stella Rossa.
In origine il ponte era chiamato semplicemente "ponte di pietra" o "ponte di Praga", il nome attuale lo ha assunto solo nel 1870.
Nel 1432 tre pilastri vennero danneggiati da una piena. Nel 1464, su ordine di Giorgio di Poděbrady, venne costruita una torre di fortificazione, la Staroměstská Věž, all'ingresso occidentale del ponte.
Durante la Guerra dei trent'anni il ponte fu teatro di cruente battaglie, allorché le truppe svedesi assediavano la città dalla sponda occidentale della Moldava.
A partire dal XVII secolo, per volere dei Gesuiti, sui suoi lati vennero sistemate delle statue barocche di santi, copie delle statue originali.
Misura 515 metri di lunghezza e 10 metri di larghezza.
Il ponte è una delle più grandi attrazioni turistiche della città, ed è molto frequentato dagli artisti di strada, dai musicisti e dai venditori di "souvenir" durante tutto l'anno.
La sua costruzione, iniziata nel 1357, fu commissionata da Carlo IV, allora Re di Boemia e Imperatore del Sacro Romano Impero, all'architetto Petr Parléř, famoso anche per aver costruito la Cattedrale di San Vito ed il Castello di Praga. Fu terminato nel 1402.
Venne edificato per sostituire il Ponte di Giuditta, spazzato via da una piena della Moldava.
Secondo una leggenda, si dice che all'atto di costruire il ponte, all'impasto della malta vennero aggiunti dei tuorli d'uovo, al fine di renderne più solida la struttura: Carlo IV chiese a tutti i villaggi del regno di contribuire alla costruzione, inviando un carro d'uova.
Le due estremità del ponte furono fortificate attraverso la costruzione di due torri, e la protezione del ponte fu affidata all'ordine dei Crocigeri della Stella Rossa.
In origine il ponte era chiamato semplicemente "ponte di pietra" o "ponte di Praga", il nome attuale lo ha assunto solo nel 1870.
Nel 1432 tre pilastri vennero danneggiati da una piena. Nel 1464, su ordine di Giorgio di Poděbrady, venne costruita una torre di fortificazione, la Staroměstská Věž, all'ingresso occidentale del ponte.
Durante la Guerra dei trent'anni il ponte fu teatro di cruente battaglie, allorché le truppe svedesi assediavano la città dalla sponda occidentale della Moldava.
A partire dal XVII secolo, per volere dei Gesuiti, sui suoi lati vennero sistemate delle statue barocche di santi, copie delle statue originali.
Gli Inuit
Inuit è il piccolo popolo dell'Artico discendente dei Thule. Gli Inuit sono uno dei due gruppi principali nei quali sono divisi gli Eschimesi, insieme agli Yupik: il termine "eschimesi" fu usato da alcuni abitanti del Canada orientale per indicare questo popolo loro vicino, che si vestiva di pelli ed era costituito da esperti cacciatori. Gli Inuit e gli Yupik non amano essere chiamati "eschimesi" anche perché hanno un loro nome specifico.
Gli Inuit sono gli originari abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell'America settentrionale e della punta nord orientale della Siberia. Il loro territorio è principalmente composto dalla tundra, il cosiddetto permafrost. Attualmente vivono in Alaska (U.S.A.), in Groenlandia (Danimarca) ed in Canada dove risultano concentrati in particolare nel Territorio del Nord-Ovest, nel vicino Nunavut e nella regione settentrionale del Labrador della Federazione Canadese.
Gli inuit non possiedono il concetto di possesso o proprietà privata sia riferito a cose materiali sia a persone.
L'organizzazione della società si basa sulla solidarietà fra villaggi; la proprietà è, per la maggior parte, collettiva, la famiglia in genere è poco numerosa.
Non hanno capi e faticano a concepire l'idea di una struttura politica che regoli la loro vita dall'alto.
L'educazione dei bambini riveste una grande importanza, pur ricevendo attenzioni continue i bambini sono privi di proibizioni e di limiti imposti, sono liberi di fare di tutto ed ignari dei concetti di punizione e castigo.
Nella popolazione Inuit sono alti i tassi di alcoolismo e di suicidio.
La lingua inuit è tradizionalmente parlata in tutta l'Artide nordamericana e in alcune parti della zona subartica, nel Labrador. In passato era parlata in qualche misura nella Russia orientale, in particolare nelle isole Diomede, ma oggi è quasi sicuramente estinta in Russia.
Gli inuit, nel loro linguaggio, hanno diverse parole e verbi che fanno riferimento alla neve.
Gli Inuit hanno una loro religione che si basa sulla credenza che molti animali e fenomeni naturali abbiano un'anima o uno spirito. La principale personalità religiosa è lo sciamano, spesso di sesso femminile, che durante le cerimonie può cadere in trance grazie all'ausilio del suono del tamburo. In questo stato, lo sciamano, sarebbe in grado di contattare l'aldilà popolato dalla dea-tricheco Sedna per porgerle le istanze della sua gente e prevedere il futuro.
Durante la stagione invernale, prima degli anni '70, gli Inuit vivevano in case di ghiaccio chiamate iglù che avevano la forma di una cupola sferica a pianta circolare ed erano costruite con blocchi di ghiaccio incastrati perfettamente tra di loro a formare una volta. Vi si accedeva grazie ad un corridoio basso fatto anch'esso di neve e sulla parete di fronte a questo vi era una finestra, chiusa con una sottile lastra di ghiaccio o con pelli di foca. L'interno era foderato di pelli di renna e vi erano dei letti di pelliccia di renna che dovevano ospitare tutta la famiglia. Il riscaldamento, l'illuminazione e la cucina erano ottenuti grazie alla lampada alimentata a grasso di foca: gli Inuit, amavano infatti cucinare tutte le loro bevande e il loro cibo. D'estate vivevano in tende, con coperture di pelli di foca, di caribù o di altri animali e sostenute da costole di balena o da legname.
Oggi le abitazioni degli inuit sono prefabbricate in legno, riscaldate.
Le attività principali praticate dagli Inuit sono la caccia e la pesca. Alcuni gruppi praticano la pesca sui fiumi pescosi dell'interno, altri cacciano caribù nelle zone interne, benché tradizionalmente l'attività più diffusa è la caccia di mammiferi marini (foche, trichechi e balene). Durante le battute di caccia in mare usano aspettare l'uscita delle foche in prossimità delle aperture nella banchina di ghiaccio, utilizzano per gli spostamenti mezzi a motore o il kayak ed utilizzano gli iglù per ripararsi.
La capacità degli Inuit di adattamento a un ambiente freddo e difficile è legata alla loro particolare abilità nel costruire attrezzi e altri utili oggetti con ogni tipo di materiale naturale. Vestiti di pelli, arpioni d'avorio o di corno, lame di pietra, pattini di slitte fatti all'occorrenza con strisce di carne gelata, sono esempi dell'adattamento indigeno all'ambiente naturale.
La campagna di Greenpeace che ha portato al divieto della caccia alle foche ha creato dei gravissimi problemi di sopravvivenza ai nativi a cui è venuto a mancare il principale mezzo di sostentamento di cui hanno vissuto per secoli in un ambiente estremo e inospitale
Gli Inuit sono gli originari abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell'America settentrionale e della punta nord orientale della Siberia. Il loro territorio è principalmente composto dalla tundra, il cosiddetto permafrost. Attualmente vivono in Alaska (U.S.A.), in Groenlandia (Danimarca) ed in Canada dove risultano concentrati in particolare nel Territorio del Nord-Ovest, nel vicino Nunavut e nella regione settentrionale del Labrador della Federazione Canadese.
Gli inuit non possiedono il concetto di possesso o proprietà privata sia riferito a cose materiali sia a persone.
L'organizzazione della società si basa sulla solidarietà fra villaggi; la proprietà è, per la maggior parte, collettiva, la famiglia in genere è poco numerosa.
Non hanno capi e faticano a concepire l'idea di una struttura politica che regoli la loro vita dall'alto.
L'educazione dei bambini riveste una grande importanza, pur ricevendo attenzioni continue i bambini sono privi di proibizioni e di limiti imposti, sono liberi di fare di tutto ed ignari dei concetti di punizione e castigo.
Nella popolazione Inuit sono alti i tassi di alcoolismo e di suicidio.
La lingua inuit è tradizionalmente parlata in tutta l'Artide nordamericana e in alcune parti della zona subartica, nel Labrador. In passato era parlata in qualche misura nella Russia orientale, in particolare nelle isole Diomede, ma oggi è quasi sicuramente estinta in Russia.
Gli inuit, nel loro linguaggio, hanno diverse parole e verbi che fanno riferimento alla neve.
Gli Inuit hanno una loro religione che si basa sulla credenza che molti animali e fenomeni naturali abbiano un'anima o uno spirito. La principale personalità religiosa è lo sciamano, spesso di sesso femminile, che durante le cerimonie può cadere in trance grazie all'ausilio del suono del tamburo. In questo stato, lo sciamano, sarebbe in grado di contattare l'aldilà popolato dalla dea-tricheco Sedna per porgerle le istanze della sua gente e prevedere il futuro.
Durante la stagione invernale, prima degli anni '70, gli Inuit vivevano in case di ghiaccio chiamate iglù che avevano la forma di una cupola sferica a pianta circolare ed erano costruite con blocchi di ghiaccio incastrati perfettamente tra di loro a formare una volta. Vi si accedeva grazie ad un corridoio basso fatto anch'esso di neve e sulla parete di fronte a questo vi era una finestra, chiusa con una sottile lastra di ghiaccio o con pelli di foca. L'interno era foderato di pelli di renna e vi erano dei letti di pelliccia di renna che dovevano ospitare tutta la famiglia. Il riscaldamento, l'illuminazione e la cucina erano ottenuti grazie alla lampada alimentata a grasso di foca: gli Inuit, amavano infatti cucinare tutte le loro bevande e il loro cibo. D'estate vivevano in tende, con coperture di pelli di foca, di caribù o di altri animali e sostenute da costole di balena o da legname.
Oggi le abitazioni degli inuit sono prefabbricate in legno, riscaldate.
Le attività principali praticate dagli Inuit sono la caccia e la pesca. Alcuni gruppi praticano la pesca sui fiumi pescosi dell'interno, altri cacciano caribù nelle zone interne, benché tradizionalmente l'attività più diffusa è la caccia di mammiferi marini (foche, trichechi e balene). Durante le battute di caccia in mare usano aspettare l'uscita delle foche in prossimità delle aperture nella banchina di ghiaccio, utilizzano per gli spostamenti mezzi a motore o il kayak ed utilizzano gli iglù per ripararsi.
La capacità degli Inuit di adattamento a un ambiente freddo e difficile è legata alla loro particolare abilità nel costruire attrezzi e altri utili oggetti con ogni tipo di materiale naturale. Vestiti di pelli, arpioni d'avorio o di corno, lame di pietra, pattini di slitte fatti all'occorrenza con strisce di carne gelata, sono esempi dell'adattamento indigeno all'ambiente naturale.
La campagna di Greenpeace che ha portato al divieto della caccia alle foche ha creato dei gravissimi problemi di sopravvivenza ai nativi a cui è venuto a mancare il principale mezzo di sostentamento di cui hanno vissuto per secoli in un ambiente estremo e inospitale
Il Vodnik
Il vodník è una creatura fantastica ricorrente nel folclore boemo. Viene descritto come una sorta di folletto e raffigurato abitualmente con i colori rosso e verde. Porta un cappello a tuba e una marsina con il lembo sinistro gocciolante. Si tratta di una creatura acquatica, il cui compito è quello di raccogliere le anime degli annegati nella Moldava e custodirle in piccole ampolle di vetro depositate sul fondo del fiume. Può restare fuori dall'acqua solo per brevi periodi; quando il lembo della sua marsina smette di gocciolare deve ritornare al più presto nel suo elemento. Il carattere del Vodník varia nelle diverse versioni della leggenda. In alcuni casi appare come una creatura bonaria, una sorta di vecchio saggio, che ama intrattenersi nel birrerie praghesi che sorgono in prossimità del fiume. In altri casi si presenta invece come un essere malvagio e diabolico, che attira i passanti - soprattutto le giovani fanciulle - sulle rive della Moldava per farle annegare. Lo scrittore František Langer racconta nelle sue Leggende praghesi che nel capoluogo boemo ne sarebbero esistiti tre: il signor Josef, il più importante, vissuto in prossimità della quarta arcata del Ponte Carlo, il signor Pivoda e il signor Jindrich, in altre zone della Moldava. Il compositore Antonín Dvořák scrisse un poema sinfonico intitolato Vodník, ovvero Il folletto delle Acque, dedicato a questa creatura che compare anche in un’altra sua opera , Rusalka.
|
Le alluvioni
![Immagine](/uploads/7/7/9/2/77929354/158181837.jpg?363)
Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e si verificano quando le acque di un fiume non vengono contenute dalle sponde e si riversano nella zona circostante arrecando danni a edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone agricole.
Le alluvioni più importanti che hanno interessato l’Italia e che hanno causato la perdita di molte vite umane e molti danni, sono state quelle del Po nel Polesine (1951), dell’Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000). Tuttavia in Italia sono frequenti alluvioni che si verificano in bacini idrografici di piccole dimensioni a causa di precipitazioni intense e localizzate che sono difficili da prevedere. Tali bacini, presenti soprattutto in Liguria e Calabria, sono caratterizzati da tempi di sviluppo delle piene dell’ordine di qualche ora che determinano alluvioni di elevata pericolosità che spesso provocano vittime, danni all’ambiente e possono compromettere gravemente lo sviluppo economico delle aree colpite.
Le alluvioni sono fenomeni naturali, tuttavia tra le cause dell’aumento della frequenza delle alluvioni sono dovuti anche alle modifiche portate dall’ uomo sul territorio per il proprio uso come ad esempio l’impermeabilizzazione del territorio, che impedendo l’infiltrazione della pioggia nel terreno aumentano i quantitativi e le velocità dell’acqua che defluisce verso i fiumi. La mancata pulizia di questi ultimi e la presenza di detriti o di vegetazione che rendono meno agevole l’ordinario deflusso dell’acqua sono un’altra causa importante.
È possibile ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni sia attraverso interventi strutturali quali argini, invasi di ritenuta, canali scolmatori, sia attraverso interventi non strutturali, come quelli per la gestione del territorio o la gestione delle emergenze: in quest'ultimo caso, sono fondamentali la predisposizione del sistema di allertamento, la stesura dei piani di emergenza, la realizzazione di un efficiente sistema di coordinamento delle attività previste nei piani stessi.
In particolare, un efficiente sistema di allertamento basato su modelli di previsione collegati ad una rete di monitoraggio è fondamentale per allertare tempestivamente la popolazione e limitare i danni alle cose e alle persone.
Tra le alluvione avvenute più di recente possiamo elencare:
Alluvione in Val Nure e Val Trebbia e in parte nel comune di Piacenza (14 settembre 2015)
Nella notte fra il 13 settembre e il 14 settembre 2015 una parte della provincia di Piacenza fu devastata dalle esondazioni improvvise del Nure e del Trebbia, dovute al maltempo e ad ammassi di detriti, che causarono danni ingenti e la morte di tre persone. Le località più colpite furono Roncaglia, Ponte dell'olio Bettola, Farini, Ferriere, Rivergaro e Bobbio.
Alluvione Genova, Savona e Ponente Ligure (15 novembre 2014)
Esonda il torrente Polcevera a Pontedecimo e Bolzaneto. Esonda il torrente Cerusa creando gravi disagi a Voltri nella zona di Fabbriche; esondano molti rii nei comuni circostanti. Allagamenti anche a Imperia e Savona. Disastri nella piana di Albenga con molti danni alle attività agricole. Problemi e allagamenti anche a Ceriale. Paura in Piemonte per la piena record di Orba, Stura di Ovada nella zona dell'ovadese e soprattutto per la Bormida gonfiata a dismisura da questi ultimi, che ad Alessandria raggiunge il livello record di 9,20 metri mettendo seriamente a rischio la città; a causa dell'eccezionalità delle piogge cadute nella zona, 238 mm nell'arco della giornata. A Milano la parte nord della città viene nuovamente colpita nei quartieri Niguarda e Isola dallo straripamento del Seveso; allagamenti nelle campagne a est della città anche per la piena del Lambro
Alluvione di Chiavari del 2014
A Chiavari esondano i torrenti Campodonico e Rupinaro allagando gran parte del centro storico e della stazione ferroviaria, mentre a Carasco esonda il fiume Entella.
Alluvione di Carrara del 2014
Il fiume Carrione a seguito della rilevante ondata di piena rompe l'argine in località Avenza, invadendo d'acqua l'abitato di Marina di Carrara (per un totale di 20.000 abitanti circa). In definitiva, risulteranno sfollate alcune centinaia di persone, altrettante case e fondi commerciali inagibili. Circa un terzo del territorio è finito sott'acqua: si sceglie di abbattere il muro del porto per consentire il lento deflusso delle acque. Dopo una settimana di ricovero, muore una donna che era stata trovata in casa, in condizioni critiche, a distanza di 48 ore dall'evento alluvionale. Le ditte che operavano lungo il corso del fiume esondato riporteranno danni ingenti, mentre i danni complessivi dei privati cittadini ammonterebbero, secondo una stima a 100 milioni di euro.
Alluvione di Parma (13 ottobre 2014)
In seguito a temporali con forti piogge orografiche verificatesi nell'appennino Parmense, il torrente Baganza ha tracimato rompendo gli argini nel quartiere Montanara e nella zona di via Po, causando numerosi danni. Il ponte Navetta (pedonale-ciclabile) è crollato, il ponte dei Carrettieri (carrabile) è rimasto chiuso per oltre 20 giorni.
Alluvione nel Sud della provincia di Alessandria (13 ottobre 2014)
Danni ingenti nei comuni di Novi Ligure, Gavi, Castelletto d'Orba, Cassano Spinola, Viguzzolo dove a causare molti danni sono i corsi d'acqua minori quali Grue, Albedosa in particolare. Eccezionali piene per i torrenti Stura di Ovada, Piota e Orba
Le alluvioni più importanti che hanno interessato l’Italia e che hanno causato la perdita di molte vite umane e molti danni, sono state quelle del Po nel Polesine (1951), dell’Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000). Tuttavia in Italia sono frequenti alluvioni che si verificano in bacini idrografici di piccole dimensioni a causa di precipitazioni intense e localizzate che sono difficili da prevedere. Tali bacini, presenti soprattutto in Liguria e Calabria, sono caratterizzati da tempi di sviluppo delle piene dell’ordine di qualche ora che determinano alluvioni di elevata pericolosità che spesso provocano vittime, danni all’ambiente e possono compromettere gravemente lo sviluppo economico delle aree colpite.
Le alluvioni sono fenomeni naturali, tuttavia tra le cause dell’aumento della frequenza delle alluvioni sono dovuti anche alle modifiche portate dall’ uomo sul territorio per il proprio uso come ad esempio l’impermeabilizzazione del territorio, che impedendo l’infiltrazione della pioggia nel terreno aumentano i quantitativi e le velocità dell’acqua che defluisce verso i fiumi. La mancata pulizia di questi ultimi e la presenza di detriti o di vegetazione che rendono meno agevole l’ordinario deflusso dell’acqua sono un’altra causa importante.
È possibile ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni sia attraverso interventi strutturali quali argini, invasi di ritenuta, canali scolmatori, sia attraverso interventi non strutturali, come quelli per la gestione del territorio o la gestione delle emergenze: in quest'ultimo caso, sono fondamentali la predisposizione del sistema di allertamento, la stesura dei piani di emergenza, la realizzazione di un efficiente sistema di coordinamento delle attività previste nei piani stessi.
In particolare, un efficiente sistema di allertamento basato su modelli di previsione collegati ad una rete di monitoraggio è fondamentale per allertare tempestivamente la popolazione e limitare i danni alle cose e alle persone.
Tra le alluvione avvenute più di recente possiamo elencare:
Alluvione in Val Nure e Val Trebbia e in parte nel comune di Piacenza (14 settembre 2015)
Nella notte fra il 13 settembre e il 14 settembre 2015 una parte della provincia di Piacenza fu devastata dalle esondazioni improvvise del Nure e del Trebbia, dovute al maltempo e ad ammassi di detriti, che causarono danni ingenti e la morte di tre persone. Le località più colpite furono Roncaglia, Ponte dell'olio Bettola, Farini, Ferriere, Rivergaro e Bobbio.
Alluvione Genova, Savona e Ponente Ligure (15 novembre 2014)
Esonda il torrente Polcevera a Pontedecimo e Bolzaneto. Esonda il torrente Cerusa creando gravi disagi a Voltri nella zona di Fabbriche; esondano molti rii nei comuni circostanti. Allagamenti anche a Imperia e Savona. Disastri nella piana di Albenga con molti danni alle attività agricole. Problemi e allagamenti anche a Ceriale. Paura in Piemonte per la piena record di Orba, Stura di Ovada nella zona dell'ovadese e soprattutto per la Bormida gonfiata a dismisura da questi ultimi, che ad Alessandria raggiunge il livello record di 9,20 metri mettendo seriamente a rischio la città; a causa dell'eccezionalità delle piogge cadute nella zona, 238 mm nell'arco della giornata. A Milano la parte nord della città viene nuovamente colpita nei quartieri Niguarda e Isola dallo straripamento del Seveso; allagamenti nelle campagne a est della città anche per la piena del Lambro
Alluvione di Chiavari del 2014
A Chiavari esondano i torrenti Campodonico e Rupinaro allagando gran parte del centro storico e della stazione ferroviaria, mentre a Carasco esonda il fiume Entella.
Alluvione di Carrara del 2014
Il fiume Carrione a seguito della rilevante ondata di piena rompe l'argine in località Avenza, invadendo d'acqua l'abitato di Marina di Carrara (per un totale di 20.000 abitanti circa). In definitiva, risulteranno sfollate alcune centinaia di persone, altrettante case e fondi commerciali inagibili. Circa un terzo del territorio è finito sott'acqua: si sceglie di abbattere il muro del porto per consentire il lento deflusso delle acque. Dopo una settimana di ricovero, muore una donna che era stata trovata in casa, in condizioni critiche, a distanza di 48 ore dall'evento alluvionale. Le ditte che operavano lungo il corso del fiume esondato riporteranno danni ingenti, mentre i danni complessivi dei privati cittadini ammonterebbero, secondo una stima a 100 milioni di euro.
Alluvione di Parma (13 ottobre 2014)
In seguito a temporali con forti piogge orografiche verificatesi nell'appennino Parmense, il torrente Baganza ha tracimato rompendo gli argini nel quartiere Montanara e nella zona di via Po, causando numerosi danni. Il ponte Navetta (pedonale-ciclabile) è crollato, il ponte dei Carrettieri (carrabile) è rimasto chiuso per oltre 20 giorni.
Alluvione nel Sud della provincia di Alessandria (13 ottobre 2014)
Danni ingenti nei comuni di Novi Ligure, Gavi, Castelletto d'Orba, Cassano Spinola, Viguzzolo dove a causare molti danni sono i corsi d'acqua minori quali Grue, Albedosa in particolare. Eccezionali piene per i torrenti Stura di Ovada, Piota e Orba